Non è difficile costatare che il credere è un atto profondamente umano.
Alimenta la capacità di vivere, allarga gli orizzonti delle relazioni, invita
ad un sapere che non si ripieghi sull’evidenza nella sua immediatezza.
Si può affermare che la fede è un modo di stare al mondo, di potersi
orientare nella ricerca di significati che non si incontrano nei mercati dell’ovvietà.
Eppure, lo scetticismo che aleggia sulla qualità esistenziale della
fede, è molto più resistente di quanto non si pensi, soprattutto quando
l’esperienza mostra il contrario. I fallimenti del dare e ricevere fiducia, la
convinzione che sia più idoneo un atteggiamento basato sulle logiche della
conoscenza, la diffidenza verso ciò che non offre certezze indubitali, si
riflettono sulla sfiducia da attribuire ai dinamismi del credere. L’investimento
teoretico, etico, pratico sulla fede non ripaga dal fatto che, spesso,
le risposte non arrivano o sono accessorie alle domande che attraversano
il quotidiano.