Che il nostro lessico familiare si stia modificando non è affatto una notizia
sorprendente. Modificare la grammatica con cui interpretiamo la
realtà, il mondo, gli altri sembra essere segno di una migliore intelligenza
circa la visione della vita da assumere. Alcune parole, però, paiono sopravvivere
per inerzia, per una sorta di abitudine comunicativa che non incide
più di tanto sull’esistenza. A farne le spese sono quei termini che intendono
suggerire un modo diverso di comprendersi e di vivere, soprattutto
se appaiono residui di tradizioni etiche e religiose inadeguate allo spirito
dei tempi. Che senso ha, allora, riproporre parole come amore, solidarietà,
misericordia, giustizia? Non appartengono al vocabolario di chi non
è al passo dei tempi, non aggiornato con le parole del quotidiano: efficienza,
sicurezza, competizione, consumo, autorealizzazione?